Dante Debiti e Vendetta
Abbiamo da poco celebrato il settimo centenario dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Sull’opera del Sommo Poeta è stato scritto moltissimo, soprattutto su quella che viene universalmente considerata la sua opera magna, la Commedia (definita Divina poi da Giovanni Boccaccio).
Oltre all’opera, di Dante conosciamo la maggior parte delle traversie politiche, dentro Firenze e successive all’esilio. Ma possiamo dire di conoscere veramente il Poeta? Di capire il suo privato? Di immaginare il suo modo di pensare e di essere?
La risposta è no.
Ci troviamo appunto a più di settecento anni di distanza, con un’impostazione mentale profondamente diversa e in penuria di adeguate fonti scritte per azzardare un abbozzo di analisi. Eppure Dante ci affascina, non possiamo evitare di osservare e di giudicare; abbiamo fame di gossip!
Beh, la vita di Dante ci nutre non poco in questo senso. Partiamo dalle questioni pecuniarie.
Dante era un cattivo pagatore?
Sembra che la famiglia Alighieri fosse oberata di debiti: nel 1297, Durante (comunemente abbreviato in Dante) e il fratello Francesco furono costretti a contrarre due grossi prestiti per un totale di oltre 700 fiorini. I prestatori furono Andrea de’ Ricci e Iacopo di Litto dei Corbizzi. Cosa se ne fecero di questa fortuna?
Come spesso accade quando analizziamo la storia, dobbiamo rallentare un istante e fare delle precisazioni.
In primis, non sono arrivati fino a noi gli instrumentum mutui, ovvero i documenti ufficiali che attestano i due prestiti: sappiamo della questione da fonti secondarie, ovvero da altri documenti che fanno riferimento ai testimoni degli atti notarili e alla loro comparsa in tribunale.
In secundis, anche con i documenti a disposizione, non potremmo conoscere la reale entità dei prestiti ottenuti dagli Alighieri, perché le cifre inscritte non comprendevano gli interessi (che allora oscillavano in media tra il 6 e il 15%), né le eventuali altre garanzie che il creditore poteva richiedere. Non di rado accadeva che, alla scadenza, le cifre da restituire fossero pari al doppio o anche al triplo di quanto ricevuto.
Restiamo quindi sui fatti. Nel 1297 i due fratelli Alighieri ricevettero con molta probabilità un prestito complessivo di oltre 700 fiorini che non restituirono mai. Tutto ciò fu possibile grazie a una rete di compravendite di credito e di supporto delle famiglie imparentate con loro.
Che cosa fecero di una tale somma? Probabilmente una buona parte andò a sanare debiti precedenti, forse coprirono le spese fatte nel 1296 per permettere l’ingresso di Dante nel Consiglio dei Cento. Possiamo solo speculare su cosa ne fu di questa piccola fortuna, come possiamo solo immaginarci il carattere di Dante.
E se volete piú informazioni sulla situazione economica della famiglia Alighieri, le potete trovare nel video sottostante.
La vendetta è un piatto che va servito in rima.
Riguardo al carattere di Dante c’é un aneddoto che Aldo Cazzullo riporta nel suo libro “A riveder le stelle”: Forese Donati, poeta e amico di Dante, si esprime così a suo riguardo durante una Tenzone poetica:
“Non è figlio di suo padre, come Cristo non lo era di Giuseppe; è brutto, sfregiato, goloso, grasso, e non paga i conti; la moglie Nella è raffreddata anche d’agosto, perché dorme sola mentre lui è in giro con altre donne o a rubare; pure i suoi fratelli trascurano le mogli, forse perché preferiscono gli uomini.”
Anche senza voler dare credito al Donati, non possiamo non pensare a Dante come a un uomo vendicativo. Non c’è sgarbo o ingiustizia politica che dimentichi, e ogni personaggio che compare nella Commedia ha un suo posto preciso all’Inferno o in Paradiso, al limite del manicheismo.
Le persone sono giudicate nel bene e nel male, come le istituzioni o le città; prima tra tutte Firenze – che osò esiliarlo -, Genova – definita sentina dei Vizi -, e Pisa – rappresentata come vituperio delle genti.
Quello che viene dipinto di Dante, anche se parziale e in parte falsato dalla prospettiva, non è un quadro piacevole. Spesso nella nostra fame di gossip ci dimentichiamo la realtà dei fatti, ovvero che anche queste figure, ormai leggendarie, non sono altro che uomini e donne con le loro forze e debolezze. Dobbiamo usare cautela quando giudichiamo cosa resta di loro.
Di Dante resta molto in realtà. Il Sommo Poeta è considerato, a buona ragione, il padre della lingua italiana, che eleva il volgare a lingua colta e letteraria, e la Commedia ne è l’esempio perfetto. L’opera trasmette la personale visione di Dante sul Dolce stil novo, tramite la figura salvifica di Beatrice, la “Donna Angelo”. L’amata diventa allegoricamente veicolo di salvezza, di avvicinamento al divino, esempio per Dante e, indirettamente, per tutti gli esseri umani.
La Divina Commedia è un’opera superba, di forte impatto emotivo, simbolico e filosofico. Questo viene percepito subito dai letterati contemporanei a Dante, che ne parlano e ne scrivono accrescendone l’importanza e la portata, primo tra tutti Giovanni Boccaccio. Nonostante una battuta d’arresto nel XVI° secolo, la Commedia giunge con forza e potenza fino ai giorni nostri e continua a essere fonte di ispirazione in tutto il mondo.
Sono 58 le traduzioni integrali della Commedia in lingue europee, sudamericane, africane e asiatiche. L’opera di Dante può essere letta oggi in giapponese, danese, latino, ebraico, portoghese, esperanto, turco, gaelico irlandese e molte altre lingue ancora. Uno sforzo non da poco considerando la particolarità dei temi, della loro interpretazione da parte di noi moderni e della forma poetica complicatissima scelta dal Poeta: la terzina incatenata (o dantesca per l’appunto).
Ma l’importanza del lavoro non termina con l’opera stessa e continua nell’influenza che ha avuto su artisti di ogni tipo: Donizetti, Rossini, D’Annunzio, Geoffrey Chaucer, Victo Hugo e molti altri.
La Divina Commedia è così carica di significati che la letteratura e la poesia non bastano a contenerli; l’opera straborda nella pittura, nella musica, nel teatro. E in media più moderni come il cinema, la televisione, nel fumetto e i videogame, dando vita a opere originali che riverberano della stessa energia e forza.
Una storia di umanità bassa e vendicativa, che aspira e insegue il divino. Questo è ciò che ci resta di Dante.