Carlo Goldoni: una vita di commedie, una commedia di vita
Commediografo, avvocato, appassionato di mesmerismo, amante dei cioccolatini e delle attricette. La vita di Goldoni è tutta da gustare, sembra quasi… una commedia.
Le informazioni biografiche derivano principalmente dalle “Memorie” di Carlo Goldoni, un memoir terminato dallo stesso autore ormai ottuagenario e rifugiato in terra di Francia. Leggendo attentamente l’autobiografia possiamo scoprire incongruenze, dimenticanze ed errori che ci ricordano alcune dinamiche della commedia e che minano la credibilità dell’opera stessa.
I conti non tornano
Stando a cosa ci racconta Goldoni la sua vita fu una serie continua di vicende curiose, spesso segnate dalla comparsa della donna di turno (sempre maliziosa, intrigante e afflitta) e da vari “deus ex machina”, ovvero eventi che impedirono al povero Carlo di cadere preda delle arti femminili e di essere raggirato. Non compaiono invece le notizie riguardo ai rivali, all’esilio forzato, al timore dei giudizi sulle proprie opere, alle maldicenze, al vizio del gioco e alla povertà che lo accompagnò nell’ultima fase della sua vita.
Perciò spesso non capiamo se il commediografo sia in buona fede o menta, o meglio, se nel ricordare la propria vita non utilizzi la sua arte e trasformi anche il proprio passato in commedia.
La prima bugia la incontriamo quando Goldoni ci racconta come la fiamma del teatro si fosse accesa dentro di lui. Il veneziano attribuisce il merito al nonno spendaccione, e ci racconta come la sua casa fosse sempre piena di teatranti e musicanti e di come quel contatto con l’arte lo contagiò. Il nonno però morì alcuni anni prima della sua nascita rendendo impossibile i supposti incontri.
Di certo fu che il nonno lasciò la famiglia indebitata e per necessità di trovare “arte e parte” Goldoni seguì il padre attraverso nord e centro Italia fino a venire “parcheggiato” al collegio Ghislieri dell’Università di Pavia. Da questo fu espulso prima di concludere il terzo anno, avendo scritto una commedia un po’ troppo spinta sulle figlie della borghesia locale.
Fu quindi il turno della pratica forense, ma anche in quel caso il carattere incontenibile del veneziano lo fece fuggire dalle aule dei tribunali dopo poco. Fu allora che incontrò il capocomico Giuseppe Imèr e la genovese Nicoletta Connio. Dal primo fu assoldato come poeta, mentre la seconda se la sposò in meno di un anno.
Il padre notaio però considerava immorale il lavoro di Goldoni nella compagnia e si spese tirando fili e riscuotendo favori per fargli assegnare il posto di console della Repubblica di Genova a Venezia. Il nuovo ruolo non gli lasciò più il tempo di dedicarsi alla commedia, né i soldi per la sopravvivenza, il titolo era solo onorifico e richiedeva uno stile di vita molto dispendioso che in breve lasciò i due sposi senza un soldo.
Ancora una volta Goldoni dovette partire e girovagare fino a quando a Pisa non incontrò un altro capocomico, Girolamo Madebach, che gli offrì un contratto.
Al veneziano sembrò di aver ottenuto finalmente ciò che desiderava ma scoprì ben presto che il contratto favoriva solo l’impresario. In un anno dovette sfornare sedici opere, e non cadde schiacciato dalla fatica solo per il sostegno della moglie Nicoletta, che perdonò le scappatelle e le continue perdite di denaro a carte.
Goldoni riuscì a cambiare compagnia ma non a cambiare musica. La concorrenza veneziana si era fatta spietata e dovette combattere contro le maldicenze del drammaturgo Carlo Gozzi e i plagi dell’abate Paolo Chiari.
Da quel momento il declino fu inesorabile, si trasferì oltralpe nel tentativo di trovare terreno più fertile. Entrò alla corte del re di Francia Luigi XVI e insegnò l’italiano alle sue figlie ma la produzione artistica già debole, fu ulteriormente fiaccata dalla vita di Versailles e a Goldoni non restarono che i piaceri dei Diablottini (cioccolatini aromatizzati alla vaniglia) e delle attricette.
Oltre a questo, Goldoni ha effettivamente rivoluzionato il teatro di allora.
Con tutta la cautela possibile, possiamo affermare che questi sono i fatti principali della vita di Carlo Goldoni, ma non sono i soli fatti curiosi accadutigli.
Magnetismo animale, possessioni e falsi capitani
Si trovano molte spigolature analizzando la vita di Carlo Goldoni, la prima e più buffa è sicuramente l’interesse che dimostrò per il lavoro di Franz Anton Mesmer, medico inventore del Magnetismo animale (o Mesmerismo). Secondo questa teoria, priva di qualunque fondamento scientifico, il corpo umano era attraversato costantemente da un fluido, che se bloccato causava malattie e disfunzioni. La guarigione poteva essere facilitata tramite la palpazione di alcuni punti specifici. Goldoni divenne un ammiratore di Mesmer durante la sua permanenza alla corte dei Borbone, trovando la nuova pratica molto più piacevole rispetto all’assunzione dei medicamenti del suo tempo.
Un altro evento interessante fu la presunta possessione di cui fu vittima Teodora Medebach, moglie del capocomico sfruttatore. Quando il drammaturgo veneziano scrisse La locandiera, lo fece per una sua protetta, la giovane attrice Maddalena Marliani. La cosa fu presa molto male da Teodora, la primadonna della compagnia, che in tutta risposta cadde malata, e si esibì in un colorito repertorio di grida, convulsioni e smorfie per le quali furono chiamati gli esorcisti.
Concludiamo con una storia “familiare” che coinvolge Giampaolo Goldoni, il fratello di Carlo. Sembra che il soggetto fosse del tutto imprevedibile e dopo aver perso il lavoro si fece dare asilo a casa di Carlo a Venezia. Ma non era solo, con sé a consumare cibo e vini aveva portato un fantomatico capitano raguseo. Il capitano raccontava di voler arruolare un reggimento di uomini in Dalmazia e che Carlo Goldoni lavorava per lui come segretario. Tramite il suo complice, Giampaolo, il capitano riuscì a farsi pagare una cambiale da Goldoni e fuggì. Per Carlo però i problemi non finirono lì, perché il capitano aveva truffato tanti altri, che sapendo il commediografo segretario del ragusano si radunarono sotto casa sua chiedendo ciò che gli spettava. Anche a Goldoni non restò che scappare.
Come abbiamo detto non sappiamo dove sia la linea tra verità e commedia, ognuno la dovrà segnare da sé tenendo a mente le parole dello stesso Goldoni: “Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorire cento.”